5 dicembre



 


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DIPENDENTI DA PROTESI

Vi capita mai di chiedervi quanto siete artificiali? Non nel senso di falsi, ma di ‘dipendenti da protesi’.
E’ un discorso lungo, oggi forse anche inesauribile,
ma credo che sia anche una domanda alla quale non si potrà sfuggire, nei prossimi anni.
Anche chi non conosce a memoria i romanzi di Gibson o non ha mai dialogato con Kyoko, la ragazza virtuale creata in Giappone, può sentirsi almeno un po’ partecipe della condizione dell’uomo artificiale.
E’ quello, per intenderci, che nelle sue diverse parti è stato rivelato da autori come Pynchon, Burroughs, Ballard, Stephenson, Sterling, Leyner, Baudrillard, il bolognese Franco Berardi ‘Bifo’.
Mandatemi una mail, se volete maggiori informazioni, anche bibliografiche.
V
ado avanti per quelli che sono rimasti, chi non è interessato a questo punto sarà già andato via.
Il sottoscritto si è laureato con una tesi dal titolo roboante, La realtà virtuale come forma di Utopia nella narrativa di William Gibson. Tesi letteraria, incentrata sugli strumenti e sulle tecniche usate dal papà di Johnny Mnemonic. Ma non sospettavo, accingendomi a scrivere di uno dei miei soggetti preferiti, che mi sarei trovato di fronte alla revisione di tante certezze che un palloso libro di filosofia definirebbe ‘ontologiche’, cioè che riguardano l’esistenza. Come molti, credo di essere l’artefice dei miei comportamenti, di poter decidere se voglio o no una cosa, di non essere influenzabile da pubblicità subliminali.
A
ccelero un po’, seminando qualche interrogativo e lasciando anche agli altri risposte o anche semplici riflessioni. Inizio con domande banali e apparentemente poco attinenti.
Q
uanti elettrodomestici o servomeccanismi sono vitali, ormai, per noi? Cosa non riusciamo a fare in un altro modo, magari quello più semplice, l’originale, se si rompe qualcuno di questi elettrodomestici?
E
quanto siamo ‘drogati’, cioè quanto riusciamo a stare senza toccare la tastiera del computer, noi che (probabilmente) guardiamo poco la tv ma sicuramente siamo un po’ dipendenti (nel senso di assuefazione psico-fisica) da Internet? Analizziamo i riflessi condizionati, che sono la cartina di tornasole: quanto riuscite a guardare il vostro monitor spento senza provare la voglia di accendere? E lo stereo?
Q
uanto sopportate il silenzio assoluto (se esistesse)?
I
l resto, se interessa, alla prossima puntata.

Doriano Rabotti



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