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16 Settembre 1998
"LA SCUOLA INUTILE"
In due articoli usciti sul "Corriere della sera", nelle ultime settimane del mese di ottobre del ’75, a pochi giorni dalla morte, Pier Paolo Pasolini suggerì il suo progetto di "riforma" della scuola.
In "Due modeste proposte per eliminare la criminalità in Italia", che prendeva spunto da due fattacci di cronaca nera, Pasolini sintetizzò così il suo programma:
1)
abolire immediatamente la scuola media d’obbligo; 2) abolire immediatamente la televisione.
Che per "scuola d’obbligo" egli intendesse riferirsi ad una istituzione ormai ridottasi ad agenzia formatrice di modelli culturali di massa (analoga alla Tv, appunto), è cosa risaputa. Tanto basta il riferimento al fatto che il titolo citato si richiamava a due crimini che ebbero entrambi per vittime delle povere ragazze e che erano stati compiuti il primo, ad opera di ricchi borghesi pariolini (omicidio di Rosaria Lopez), il secondo per mano di borgatari-sottoproletari di periferia.
I due articoli, suscitarono il rituale scandalo dei benpensanti di sinistra. Gli stessi che dopo la morte hanno provveduto all’opera di santificazione, come spesso accade agli eretici.
La feconda provocazione di Pasolini nasceva da questa riflessione dolente: "La scuola d’obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo-borghese".
Ciò che Pasolini denunciava era il trasformarsi della scuola in specchio della società dei consumi e produttrice di conformismo essa stessa. Cosa avrebbe pensato il poeta, l’intellettuale, l’ex insegnante di scuola media Pasolini della proposta del ministro Berlinguer di riforma dei cicli scolastici? Infine avrebbe condiviso il giudizio negativo sulle linee attuali del riformismo scolastico espresso dallo storico della Letteratura Giulio Ferroni ("La scuola sospesa", Einaudi 97)?
Chi scrive, una modesta opinione in proposito se l’e’ formata: Berlinguer non avrebbe voluto Pasolini nel suo club di saggi essendo l’idea di scuola del ministro del tutto diversa. Un’ipotesi di scuola come riflesso del volubile mercato, basata sull’illusoria e falsa certezza che l’integrazione con il mondo del lavoro (asse portante di tutto l’attuale progetto di riforma) sia la bacchetta magica che aprirà le porte all’inserimento sociale e occupazionale dei giovani. Una scuola che rinuncia al sapere critico e astratto, alla lettura della realtà vissuta come problema, a favore di un sapere pratico-utilitaristico, funzionale ad una realtà recepita come dato in sé, immodificabile.
Il recente rapporto OCSE sulla scuola dei paesi ricchi, e’ una fonte statistica e di analisi interessante, perche’ rispecchia la moda corrente di voler ridurre l’intero spettro dei fenomeni sociali ad un’orgia di cifre. E infatti non c’è alcuna indicazione scientifica, in senso qualitativo, delle cause del malessere italiano (e non solo). Nelle scuole oggi si impara (forse) ad usare il computer e nello stesso tempo si diventa buoni razzisti, intolleranti e violenti, ma questo ai fini della produzione ovviamente non conta. Si fanno i progetti, si discute sull’autonomia, si programma per moduli. Scatole vuote, senza contenuto: grande assente, la cultura, quella che nasce dal rapporto vivo e diretto tra insegnante e alunno, quella che sola può condurre alla fruizione del bene e del bello, del saper giudicare criticamente e del saper vedere con occhio estetico la realtà in cui si vive. Per poter poi diventare anche bravi lavoratori piuttosto che umili e flessibili paria. Buon anno scolastico, ragazzi.

Gennariello





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