ERA il 15 settembre di due anni fa. Massimo Giovanelli, capitano dell'Italia del rugby, aveva appena guidato i suoi in un fantastico tour australiano, guadagnando sul campo l'ammirazione degli ex campioni del mondo, gente che rugby sa bene cosa significa. Poi una partita, quella tra l'Italia e la selezione delle Zebre, l'immancabile terzo tempo (il banchetto finale), il ritorno a casa. Uno schianto nella notte, l'auto che si accartoccia intorno ad un albero e la vita che diventa la cosa più importante da conservare. Quella notte l'Italia ovale pensò di aver perso per sempre il Massimo Giovanelli rugbista.
Frattura scomposta del femore, un lungo intervento chirurgico per rimettere insieme l'arto frantumato, chiodi e viti a non finire per permettere al campione di tornare a camminare da persona normale. Camminare, non affrontare placcaggi o tuffarsi in mischia. Poi altre tre volte sotto i ferri (a gennaio, marzo ed agosto), sei mesi con le stampelle e l'impossibilità di fare ogni movimento. <Non ho mai pensato di smettere - dice oggi Giovanelli che una settimana fa è tornato a vestire l'azzurro contro la Francia - arrendersi non fa parte del mio carattere>. <Lui è una natura extraordinaria> aveva detto Georges Coste con il suo italiano francesizzato all'indomani dell'incidente, <scommetto che lo rivedremo lottare in campo>. Scommessa vinta.
Adesso che il miracolo è compiuto, che Massimo Giovanelli pensa alla grande sfida con gli All Blacks di sabato, ci si può fermare a guardare indietro: <Certo è dura, il mondo ti crolla addosso e spesso sei assalito dal terrore di finire nel dimenticatoio, la cosa più brutta che può accadere ad un atleta. Il difficile è lavorare nel silenzio, quando il campionato va avanti, i tuoi compagni giocano la domenica e solo dopo si ricordano di te, del tuo dolore, della tua solitudine. Allora credi che sia giusto smetterla, che la cosa più importante sia solo tornare a camminare e non dannarti l'anima perché vuoi a a tutti i costi vuoi rivivere sensazioni che hanno segnato la tua vita. Appunto, quelle sensazioni, se si allontanano, se inizi a dimenticarle puoi crollare. Ma fanno parte di te e sai bene che tenteresti l'impossibile per tornare ad assaporarle, a costo di essere considerato un matto da legare>.
<Ho saputo di Pantani appena tornato dall'Argentina, un colpo al cuore. Conosco bene cosa gli frulla in testa oggi, durante la giornata quella dannata jeep se la troverà di fronte un miliardo di volte, ripenserà con terrore all'incidente, al caso, al fatto che bastava un nulla per evitarlo. Tornerà grande, riprenderà a pedalare come nessuno sa fare, perché ad un certo punto ti prende la smania di recuperare il tempo perso, di far capire agli altri che sei sempre tu, che una casualità non può averti piegato le gambe. Marco si deve convincere che un incidente non può rubargli la voglia di confrontarsi con se stesso. Il resto viene da solo>.
Quindici mesi fuori dalla mischia passati tra palestre e corsie di ospedale. Adesso la sfida agli All Blacks, arrivarci per un rugbista è come vincere un Tour. <L'importante è decidere che il traguardo non te lo porta via nessuno>. Parola di Giovanelli.