VALERIO VECCHIARELLI

IL TEMPO 03/11/95

SPRINGBOKS

Sono gli unici a poter vantare un bilancio positivo, in fatto di vittorie, con l'intero universo ovale, All Blacks compresi. Il che in parte giustifica la loro superbia.

Interpreti di un gioco maledettamente fisico, hanno nella mischia una macchina da guerra spietata, nella difesa un'arma caricata per stroncare le velleità altrui, nel coraggio il grimaldello che scardina chi pensa di superarli con la fantasia. Difettano in estro, ma sono talmente determinati che terrorizzano anche i più spietati avversari.

Jonah Lomu ne sa qualcosa, sognava di riportare in Nuova Zelanda la Coppa del Mondo ed invece, lui che è abituato ad abbattere i muri, si è ritrovato spesso con il muso per terra, sconfitto sul suo terreno preferito, quello dell'arroganza fisica. Quel giorno non ce ne sarebbe stato per nessuno, si è detto che quella del Sudafrica è stata una vittoria voluta dalla politica, che quegli All Blacks non potevano avere, in un incontro normale, avversari. Fantasie. Quel giorno, quegli Springboks, in quello stadio, erano imbattibili.

Adesso li avremo in Italia, sarà difficile mettersi alla prova con la mente ancora tartassata dai dubbi sollevati dall'uragano in nero, ma sarà ancora una volta una grande occasione per imparare. Sono stati i primi a forzare la mano per far diventare il gioco professionistico, un modo come un altro per impedire l'emigrazione di talenti durante il periodo dell'isolamento, per conservare una tradizione che sentono tutta loro. Arrivano con un titolo mondiale fresco e con la convinzione che se fossero andati in Nuova Zelanda ed Inghilterra forse di Coppe del Mondo adesso ne avrebbero vinte tre. Inguaribili Springboks.

Un passaggio all'Olimpico, poi di corsa a Twickenham per l'inaugurazione della rinnovata cattedrale del rugby mondiale condita dalla sfida all'Inghilterra di capitan Carling. Sono i migliori. Ogni occasione è buona per dimostrarlo.