«All’Arms Park non si possono battere i gallesi, al massimo si può segnare qualche punto più di loro» diceva Sid Going, mediano di mischia degli All Blacks e di Dio, visto che continua tuttora a portare la maglia nera, ma lunga fino ai piedi, talare. Nei due incontri precedenti (29-19 nel ’94 e 31-26 nel gennaio scorso) fu proprio la forza della tradizione, più della tecnica, a mettere in scacco gli azzurri.
Ma oggi si deve vincere anche per un altro motivo: sulla tribuna d’onore dell’Olimpico siederanno i presidenti di tutti i paesi dell’International Board, il Gotha del rugby mondiale, a cominciare dagli spocchiosi britannici che ancora nicchiano per farci entrare nel Cinque Nazioni. Roma ospita in questi giorni il General Meeting e bisogna assolutamente sfruttare questa occasione per snellire le pratiche per il passaporto del Torneo che l’Italia di Coste, quell’Italia che ha già battuto Irlanda, Scozia e Francia, si è intanto virtualmente costruita da sola. Dopo il Galles, nel giro di pochi mesi, sfideremo tutte le altre Nazioni del Championship ed anche, per gradire, l’Australia. «E’ solo sul campo che guadagneremo la promozione fra i Grandi» ha tuonato questa settimana il generale Coste, durante gli allenamenti degli azzurri alle prese con le nuove regole che i gallesi hanno giù studiato la scorsa estate, meritando solo votacci, nelle aule dell’Australia.
Il Galles, è chiaro, ha paura dell’Italia: negli ultimi due mondiali i Dragoni non sono arrivati ai quarti (proprio come gli azzurri) e una settimana fa le hanno prese, in casa, dalla Francia. Così oggi il tecnico Bowring non tenta esperimenti: all’apertura l’infallibile quanto scontato Jenkins, preferito all’avventatezza spettacolare del giovane Arwel Thomas. In seconda linea ha richiamato il gigante Derwyn Jones mentre al centro recupera quell’armadio a quattro ruote motrici di Scott Gibbs, primo figliol prodigo anglosassone a vestire la maglia della nazionale dopo l’avventura, fra pacchi di sterline, nel rugby a 13 . Coste invece, maledendo il campionato-camomilla appena cominciato e le assenze di Giovanelli e Giacheri, osa lanciare il debuttante Manteri (Treviso) all’ala e s’affida al roccioso rodigino Bordon fra i trequarti. A Dominguez il solito compito di non sprecare nulla dalla piazzola, mentre dietro la mischia "Castoro" Troncon se la vedrà con Howley, definito il nuovo Gareth Edwards, ovvero il più leggendario giocatore gallese. Durante gli anni d’oro dei Dragoni, però, sui programmi delle partite, di fianco al nome di ogni campione si leggeva: minatore, carpentiere, medico. Ora non c’è scritto più niente: tutti professionisti.