Il Vischio quercino


Fondamentale per un tipo di caccia praticata da secoli nel nostro territorio la presenza di una pianta che cresce sulle querce: il Vischio.

Sappiamo di un abitante di Montalto imprigionato perché scoperto a cacciare tordi in un luogo proibito con il metodo dell’"uccellagione con il vischio". La materia prima utilizzata dall’uccellatore (in dialetto paimunin) era infatti il Vischio quercino (Viscum album) quello cioè che cresce nei querceti, di cui il nostro territorio è sempre stato ricco.

Le bacche mature del Vischio di una colorazione giallastra raccolte dopo Ferragosto dovevano essere prima "trattate". Fatte maturare dentro ad un letamaio venivano poi riscaldate e mescolate con olio di noce sino a fare diventare il tutto attaccaticcio e "vischioso" appunto. Con questa sostanza si imprigionava la selvaggina caduta a terra; prima però si doveva preparare un appostamento fisso, ripulito del sottobosco e circondato da una fitta siepe per impedire la fuoriuscita della selvaggina. Su una pertica alta come l’albero prescelto, preventivamente spogliato delle foglie, si applicava la cornetta di pino a tre bracci e si inserivano le "panie" costituite da vischio. Nei pressi si collocavano delle gabbie di vimini contenenti uccelli da richiamo. I volatili di passaggio soprattutto tordi, colombine e fringuelli, così attratti, giunti a contatto con le panie cadevano a terra, invischiati e senza possibilità di fuoriuscire dal piccolo recinto.

Le varie postazioni erano ripartite di comune accordo tra gli uccellatori della zona, ma non mancavano le controversie. Famosa è rimasta la "guerra del palmonato " (un altro nome dato all’uccellagione) tra i Querciolesi e i Canossi per il diritto di priorità che ciascuna delle due parti accampava sul territorio. Un’ultima curiosità: la caccia con il palmone era consentita dal tempo della vendemmia fino al periodo post-natalizio.


Nell’immagine un ramo di vischio con fiori e frutti.




Ugo Pellini



La storia di Reggio attraverso gli alberi


© 1996 Giramondo
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