La piantata padana
Intorno al 1500 il paesaggio rurale cambia. Leandro Alberti assicura nella sua "Descrittione di tutta Italia" che, "scendendo alla via Emilia e camminando per mezzo dell’amena e bella campagna questa appare ornata di vaghi ordini di alberi dalle viti accompagnate".
Per tutta la pianura emiliana, racconta sempre Alberti" si veggono artificiosi ordini di alberi sopra i quali sono le viti, che da ogni lato pendono". E’ la piantata padana; questa la disposizione degli alberi a tutela della vite, che secondo alcuni è già presente nel Medioevo, e che è quasi sopravvissuta fino ai giorni nostri. E’ infatti ancora presente in alcune aree del nostro territorio, soprattutto in collina.
I vantaggi che comportava la piantata erano molteplici, infatti si potevano sviluppare contemporaneamente diverse colture: la vite, i seminativi al suolo e il foraggio. Visto il clima delle nostre zone, non certamente il più adatto alla produzione vitivinicola, le viti mantenute in alto dagli alberi, permettevano ai grappoli la massima insolazione che favorisce la maturazione, ed il minimo di umidità, che impedisce i pericoli delle muffe.
Gli "alberi tutori" erano prevalentemente l’Olmo, l’Acero campestre (quello che i nostri contadini chiamano ancora opi), in alcuni casi erano impiegati anche pioppi e gelsi. Le foglie di queste piante, raccolte quando erano ancora verdi, costituivano una ottima integrazione alimentare invernale per i bovini.
Gli alberi erano piantati in filari distanti alcuni metri tra loro e altrettanti dal filare vicino: nel sistema reggiano la norma era una distanza di 6 metri, mentre nel mantovano i filari distavano fino a 30 metri. In alcuni dati del 1847 si legge che nei complessivi 86mila ettari della provincia coltivati a vite solo lo 0,14 % erano a coltura specializzata (solo a vite) tutto il resto era a piantata. Nel 1929 la coltivazione a vite specializzata non raggiungeva che lo 0,45%.
Ora la situazione è completamente capovolta. Spesso si sente dire che è stato l’Olmo, colpito da una malattia a fare scomparire la piantata; se è vero che il "Graphium ulmi" ha attaccato e fatto scomparire l’Olmo nostrano dalla pianura padana è altrettanto vero che da noi sono rimasti pochi anche gli aceri campestri, l’altro tutore classico della vite. In realtà è stata l’agricoltura meccanizzata del dopoguerra a modificare ancora una volta radicalmente il nostro paesaggio. La necessità di coltivare con macchine sempre più grosse e potenti, che praticamente obbligavano al taglio degli alberi che "intralciavano i lavori" e il ricorso ai mangimi artificiali che rendevano inutili quelli naturali, hanno fatto sì che fosse vantaggiosa e razionale (leggi economica) l’introduzione del tutore morto e la coltivazione con il vigneto specializzato.