In due articoli usciti sul
"Corriere della sera", nelle ultime settimane
del mese di ottobre del 75, a pochi giorni dalla
morte, Pier Paolo Pasolini suggerì il suo progetto di
"riforma" della scuola.
In "Due modeste proposte per
eliminare la criminalità in Italia", che prendeva
spunto da due fattacci di cronaca nera, Pasolini
sintetizzò così il suo programma:
1) abolire
immediatamente la scuola media dobbligo; 2) abolire immediatamente la
televisione.
Che per "scuola
dobbligo" egli intendesse riferirsi ad una
istituzione ormai ridottasi ad agenzia formatrice di
modelli culturali di massa (analoga alla Tv, appunto), è
cosa risaputa. Tanto basta il riferimento al fatto
che il titolo citato si richiamava a due crimini che
ebbero entrambi per vittime delle povere ragazze e che
erano stati compiuti il primo, ad opera di ricchi
borghesi pariolini (omicidio di Rosaria Lopez), il
secondo per mano di borgatari-sottoproletari di
periferia.
I due articoli, suscitarono il rituale scandalo
dei benpensanti di sinistra. Gli stessi che dopo la morte hanno
provveduto allopera di santificazione, come spesso
accade agli eretici.
La feconda provocazione di Pasolini
nasceva da questa riflessione dolente: "La scuola
dobbligo è una scuola di iniziazione alla qualità
di vita piccolo-borghese".
Ciò che Pasolini denunciava era il
trasformarsi della scuola in specchio della società dei
consumi e produttrice di conformismo essa stessa. Cosa
avrebbe pensato il poeta, lintellettuale, lex
insegnante di scuola media Pasolini della proposta
del ministro Berlinguer di riforma dei cicli scolastici?
Infine avrebbe condiviso il
giudizio negativo sulle linee attuali del riformismo
scolastico espresso dallo storico della Letteratura
Giulio Ferroni ("La scuola sospesa", Einaudi
97)?
Chi scrive, una modesta opinione in
proposito se le formata: Berlinguer non
avrebbe voluto
Pasolini nel suo club di saggi essendo lidea di
scuola del ministro del tutto diversa. Unipotesi di scuola come
riflesso del volubile mercato, basata sullillusoria
e falsa certezza che lintegrazione con il mondo del
lavoro (asse portante di tutto lattuale progetto di
riforma) sia la bacchetta magica che aprirà le porte
allinserimento sociale e occupazionale dei giovani.
Una scuola che rinuncia al sapere critico e astratto,
alla lettura della realtà vissuta come problema, a
favore di un sapere pratico-utilitaristico, funzionale ad
una realtà recepita come dato in sé, immodificabile.
Il recente rapporto OCSE sulla scuola dei paesi ricchi,
e una fonte statistica e di analisi interessante,
perche rispecchia la moda corrente di voler ridurre
lintero spettro dei fenomeni sociali ad
unorgia di cifre. E infatti non cè alcuna
indicazione scientifica, in senso qualitativo, delle
cause del malessere italiano (e non solo). Nelle scuole
oggi si impara (forse) ad usare il computer e nello
stesso tempo si diventa buoni razzisti, intolleranti e
violenti, ma questo ai fini della produzione ovviamente
non conta. Si fanno i progetti, si discute
sullautonomia, si programma per moduli. Scatole
vuote, senza contenuto: grande assente, la cultura,
quella che nasce dal rapporto vivo e diretto tra
insegnante e alunno, quella che sola può condurre alla
fruizione del bene e del bello, del saper giudicare
criticamente e del saper vedere con occhio estetico la
realtà in cui si vive. Per poter poi diventare anche
bravi lavoratori piuttosto che umili e flessibili paria.
Buon anno scolastico, ragazzi.
Gennariello
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